Dall’altra parte della barricata. Sempre pronti a sostenere la propria squadra. Sempre presenti. Sono il colore e il rumore di ogni partita. In attesa che arrivi una gioia per esultare. Capaci di sopportare amarezze e delusioni quando qualcosa va storto e trovare la carica per restare ancora lì, al loro posto. Rappresentano la storia e la forza di una società sportiva. Questo profilo risponde inequivocabilmente al nome di tifosi. Quelli vibonesi ormai da 21 anni hanno trasformato il loro attaccamento alla Tonno Callipo in una realtà organizzata e ben consolidata: il Club “Giacinto Callipo” con tanto di sede fissa, programmazione annuale delle attività e circa 140 soci. Un gruppo di persone che nel tempo ha vissuto fianco a fianco con i giocatori e i dirigenti che si sono avvicendati nella lunga storia della società calabrese al punto da avere un ricco diario di ricordi da sfogliare: pagine che riportano aneddoti, emozioni, amicizie, sogni e aspettative. Come quello di Elia Serrao, attualmente presidente dell’associazione vibonese e da sempre tra le fila dei supporters giallorossi. Per uno come lui il confine tra la vita personale e quella della squadra è quasi impercettibile: basti pensare che in quel fatidico 13 maggio 2004, giorno in cui la formazione calabrese conquistò la promozione in Serie A1, Elia dovette trovare il modo per assentarsi dal lavoro perché la smania di arrivare al palazzetto e vivere ogni istante che precedeva la partita era irrefrenabile. Ospite del nostro spazio #tonnocallipoHISTORY il presidente Serrao non ha però rievocato solo le tappe più significative del passato, ma ci ha anche dato importanti spunti di riflessione sul ruolo sociale e aggregativo che il mondo della Tonno Callipo Volley ricopre nell’intero territorio vibonese che com’è risaputo è carente di altre attrattive e stimoli per giovani e meno giovani. In un passaggio non poco importante sulla rivalità sportiva ha sottolineato come, fino a qualche anno fa (sedici per l’esattezza), da un lato all’altro del campo gli sfottò tra le tifoserie diventavano il mezzo per riportare in auge ‘vecchie’ offese nei confronti dei Meridionali. Tra le note più liete della narrazione il disinteressato rapporto di amicizia con molti atleti giallorossi che in città trovavano una seconda famiglia e molto affetto.
“Quando giocavamo nel vecchio palazzetto – inizia subito il presidente Elia Serrao – lasciavo sempre a disposizione dei giocatori le chiavi della nostra sede, che allora era in via Cavour, e così quando finivano l’allenamento andavano lì a trascorrere un po’ del loro tempo libero, magari giocando a calcio balilla o a parlare con noi tifosi. Ricordo bene che i vari Iurlaro, Belardi, Messana, Tomasello, diciamo la vecchia guardia, venivano spesso a trovarci. Si era instaurato fin da subito una gran bella amicizia e rispetto reciproco, ci si voleva veramente bene. Quello che purtroppo manca da qualche anno a questa parte”.
Con il nostro format siamo fermi sulla stagione 2003-04 che è indubbiamente indimenticabile anche per voi tifosi la cui presenza non passa inosservata negli scatti fotografici che testimoniano il passaggio della Tonno Callipo alla massima serie della pallavolo italiana. Cosa ricordi?
“Come si potrebbero dimenticare quei momenti magici! Siamo stati prima a Bolzano in gara-2, facendo una bella trasferta in aereo da Lamezia a Roma e da lì a Venezia. Quindi in pullman siamo saliti a Bolzano. Eravamo circa 100 persone, partiti soprattutto da Vibo e in più altri amici che si sono aggregati direttamente dalle zone limitrofe del Nord”.
Ma è vero che lì non vi hanno accolti molto bene?
“In verità non abbiamo avuto una gran bella accoglienza da parte della tifoseria di Bolzano. Ci hanno trattati come dei terroristi perché ricordo che la polizia ci ha scortati e controllati fino all’ingresso del palazzetto. Possiamo anche dire in maniera insolita per uno sport come la pallavolo e per noi che ci siamo sempre fatti riconoscere per correttezza. Lo dimostrano infatti negli anni a seguire i vari gemellaggi ed i tornei che facciamo con le altre tifoserie, anche se quest’anno per motivi legati al Covid abbiamo dovuto disdire il nostro torneo estivo di beach volley. Comunque quella volta a Bolzano ci ricordavano a gran voce che siamo ‘terroni’”.
Dunque è stato un ‘confronto’ non solo in campo?
“Purtroppo sì ma non per colpa nostra. Ricordo che ad un certo punto mi è venuta la felice idea di cantare l’inno d’Italia ed a quel punto loro si sono veramente arrabbiati e ci hanno fischiato con tutto il fiato che avevano. Chissà, magari l’avranno presa come un’offesa, evidentemente non si sentono italiani… (ride!)”.
È stato un episodio unico nel vostro ‘viaggio’ con la Callipo?
“Sì, perchè in quasi vent’anni abbiamo avuto sempre una bella accoglienza in qualsiasi parte d’Italia. Confermo quanto detto dal giornalista Lorenzo Dallari nella vostra diretta: in passato alcuni giocatori erano diffidenti a scendere in Calabria perché era etichettata come una terra mafiosa, poco sicura. I pregiudizi sono crollati nel tempo dopo che gli atleti che passavano da Vibo hanno dato ai loro colleghi buone referenze sul posto e sulla società. D’altra parte noi ci impegnavamo a farli sentire bene e ad accoglierli al meglio. Ad esempio quando Cherednik venne presentato nella sede di Assindustria, in via Sorbilli, il presidente Callipo, con cui ho sempre avuto un grande rapporto di grande stima, mi ha telefonato per avvisarmi. Era l’estate del 2002 e Cherednik si è presentato con una camicia a fiori, sembrava un hawaiano. Ci siamo adoperati per fargli la bandiera della Russia: non vi dico la sua gioia appena ci ha visto. Quella bandiera gliel’ho regalata poi, precisamente alla finale di Gioia del Colle quando abbiamo vinto la Coppa Italia”.
Torniamo all’annata 2003-04, ricordi qualche altra vicenda magari legata alla ‘bestia nera’ Verona?
“Sì, perdemmo la finale di Coppa Italia contro di loro a Modica, eravamo quasi 200 persone anche lì, in Sicilia. Il presidente ci fece dormire anche in un villaggio ed abbiamo trascorso due giorni meravigliosi. Verona onestamente era una spanna superiore a noi. Una domenica però vincendo al PalaValentia, Verona invece perse con Schio e la superammo. Per la grande gioia ricordo che con qualche amico a fine gara comprammo delle pizze e facemmo una festa improvvisata al palazzetto. Sono ricordi bellissimi”.
Tutti questi episodi e tanti altri dimostrano come la pallavolo diventa in questo contesto un buon motivo per condividere esperienze, progetti, sogni…
“Proprio così. Sappiamo che la città di Vibo non offre chissà cosa. Per noi la pallavolo è vitale, infatti ci mancano tantissimo le partite, le nostre riunioni al Club. Ci manca l’aria che si respira al palazzetto. La Callipo la sentiamo nostra e la viviamo con passione: è una delle cose di cui la città non dovrebbe privarsi mai, ne abbiamo veramente bisogno”.
L’impressione è che in passato c’era molto più seguito. Cosa ne pensi?
“Sicuramente all’inizio era la novità ad attrarre tante persone. La pallavolo ad alti livelli a Vibo ha creato tanto entusiasmo, la gente seguiva la Callipo anche solo per pura curiosità, per moda. Poi la promozione storica in A1 ha accentuato tutto ciò: indimenticabile la festa che abbiamo fatto. Si sa che nello sport se si vince tutti salgono sul carro del vincitore. Al contrario quando non arrivano i risultati ci si allontana. A tal proposito voglio essere chiaro: bisogna – come avete ben fatto quest’anno – sensibilizzare le persone, avvicinarle, andare nelle scuole, coinvolgere le società sportive minori. La Callipo può assumere il ruolo di guida per tutti, adoperarsi sempre di più perché non basta rivolgere le attenzioni solo alla prima squadra ed alla partita, serve un contorno fatto di aggregazione, di vita sociale, anche semplicemente invitando le persone agli allenamenti, facendo vedere tutto il lavoro che c’è dietro ad una gara. Anche l’apporto che il nostro Club può dare è fondamentale e non bisogna disdegnarlo”.
Se ripensi a quella finale del 13 maggio 2004?
“Al mattino ero al lavoro ma l’adrenalina era a mille, non avevo la concentrazione per lavorare e sono andato al palazzetto. Iniziai ad occuparmi delle coreografie, del pubblico che arrivava. Ricordo che fu un’intera giornata di preparativi ed era così eccitante che non vedevamo l’ora di iniziare. Già alle 13.30 molti di noi tifosi eravamo sugli spalti e si giocava la sera”.
Quello striscione ‘La civiltà viene dal mare benvenuti in Italia’ nacque in risposta all’accoglienza dell’andata? Fu una vittoria sofferta contro Bolzano…
“Certamente, per via dell’esperienza negativa che abbiamo vissuto a Bolzano. Fu una partita di grande sofferenza, si iniziò sotto 2-0, ed abbiamo avuto tanta paura di non farcela. Ricordo che il presidente Callipo era poggiato su una transenna ed a momenti piangeva. Poi sul 2-2 abbiamo cominciato a gioire. I festeggiamenti sono indescrivibili. Prima al palazzetto poi abbiamo raggiunto la squadra a cena. Una lunga notte di brindisi. Qualche giorno dopo la festa in Piazza Municipio. Una mega-festa in grande stile. Tutta la città festeggiò per una settimana intera. È stato qualcosa di unico”.
Il tuo augurio per il futuro della Tonno Callipo?
“Vorremmo che il presidente ci potesse regalare l’Europa, andare a vedere una città della Polonia, della Russia, farci una trasferta all’estero perché penso che ce la meritiamo”.
Sul prossimo torneo?
“Ancora sappiamo poco, ho saputo quasi in anteprima del nuovo allenatore perché ho un amico che ha un’attività a Vicenza e mi diceva che una nipote di Baldovin lavora con lui e gli ha confidato che l’anno prossimo lo zio viene ad allenare la squadra di Vibo Valentia ed ho avuto questo scoop. Per il resto il ds De Nicolo è muto come un pesce, quando gli scrivo fa sempre l’evasivo. Bisogna risolvere il problema del palazzetto, augurandoci che l’eventuale processo di cui si è parlato che dovrebbe svolgersi al PalaMaiata venga rinviato a causa del Covid. So anche che il presidente Solano si è impegnato eventualmente a prevedere i 3mila posti per il PalaValentia. Nella passata stagione se avessimo giocato le partite a Vibo invece che a Reggio, avremmo avuto sicuramente 8-9 punti in più in classifica”.
UFFICIO COMUNICAZIONE
Rosita Mercatante
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