Due verità inconfutabili dal bailamme di M. Roma Volley-Trento. La prima che il pubblico del Palazzetto, al di là dei fischi, delle ferme disapprovazioni dopo il gesto antisportivo di Juantorena e di qualche “moccolo” lanciati verso la formazione alto atesina e verso il cubano, ha mantenuto un comportamento estremamente corretto, riuscendo a restare seduto al suo posto, senza segnalarsi con un’invasione del parterre che, in moltissimi casi, il gesto di un atleta può provocare. I due mila e cinquecento ospiti dell’impianto di viale Tiziano, pur sentendosi presi in giro da quella battuta “alla coreana”, almeno loro, hanno confermato quanto di buono s’era già verificato in precedenti situazioni e cioè che a Roma si sa essere maturi, si sa accettare il verdetto del campo, quali siano la sua portata e le ripercussioni in classifica e si sa essere composti, regola fondamentale nella vita, nello sport in particolare.
La seconda nota lieta è di squisita natura tecnica. Pur dovendo fare a meno di Bielica, un titolare di livello internazionale, la M. Roma, per gran parte della gara, diciamo un paio di set, ha saputo tenere testa ai trentini, che hanno vinto grazie alla loro migliore faraonica organizzazione di squadra, ma anche, soprattutto nel secondo e nel quarto tempo, a causa di imperdonabili errori della Roma, e di frettolose ingenuità figlie della grande voglia di mettersi in mostra contro chi è più bravo. Una magra consolazione, si dirà, ma i due messaggi lanciati dal pubblico e dalla squadra confermano che il gap, se si vuole e se il campo non regala particolari controindicazioni quando hai davanti i migliori, anche se non del tutto, può essere annullato.
Anche per questo motivo si ha fretta di archiviare la beffa-Juantorena, di passare ad altro e di lasciare che sia il mondo della pallavolo a giudicare chi sta nel giusto e chi, come ha più volte argomentato lo staff trentino, considera quella battuta soltanto una ragazzata, il frutto di una scommessa. Domenica sera tra i più amareggiati, tra i più accesi sostenitori che il volley ha perduto l’occasione per crescere, c’era Mirko Corsano, venticinque anni di pallavolo nelle gambe, più di cinquecento partite in serie A. Il “grande vecchio” di questo sport, il “grillo parlante” della M. Roma. Sul campo il libero nero verde ha cercato di capire e di calmare gli animi dei suoi compagni ed il giorno dopo sta ancora cercando da dove possa essere nato quel gesto, che soltanto uno su mille atleti potrà vantarsi di aver portato dalle nostre parti.
Corsano non fa il reticente, offre la sua versione: “E poi ci lamentiamo dei tifosi. Cose del genere _ inizia _ non fanno altro che aizzarli, esasperare gli animi. In tantissimi anni di attività agonistica non mi è mai capitata una situazione del genere e, badate, ho anche giocato in squadre che hanno vinto, ma che non hanno mai assunto gesti scomposti per irridere gli avversari, né atteggiamenti di sufficienza. Il rispetto verso gli altri è il primo fondamento, nella vita e nello sport, se viene meno chiudiamo baracca e burattini e facciamo un’altra cosa. Quel gesto è ingiustificabile. Non so se lo ha fatto in maniera subdola o inconscia _ continua Corsano _ ma, a mio avviso, anche l’allenatore ha sbagliato, perché se è vero che c’era in atto una scommessa, lui non poteva non sapere, quindi avrebbe dovuto evitare quella battuta, mostrando di essere più lucido, più maturo dei suoi giocatori. Che hanno vinto tanto. Evidentemente la pallavolo la giocano in tanti, ma di uomini ce ne sono sempre di meno”.