Ecco il commento di Lorenzo D’Alò, caposervizi dello sport de La Gazzetta di Taranto, pubblicato sull’edizione di oggi, mercoledì 28 giugno, in merito alla querelle Coni-Prisma sull’utilizzo della struttura di via Cesare Battisti:
Il Taranto giocherà allo Iacovone. Non è ancora una notizia. Ma è quello che accadrà perché lì abita il calcio: lì riposano i ricordi, lì si alimentano le speranze. Quando non fu così, e si procedette contro natura, il calcio emigrò in provincia. E fu una vergogna per tutti: per chi quell’onta impose e per chi quell’onta subì. Anni bui e lontani, per fortuna. Il Cras giocherà al PalaMazzola. Sembra sia bastata una stretta di mano. Bene, giusto così. Ce ne rallegriamo. Perché quella, ormai, è la casa del basket di serie A1. Non può esserci un altrove. C’è il PalaMazzola, adesso. Il palazzetto dello sport che Taranto ha a lungo agognato. La struttura che prima non c’era. E che per troppi anni è sembrata un miraggio. E che ora spunta come un fungo lunare in via Cesare Battisti. La Prisma, invece, giocherà al Palafiom. Qui la storia degli incastri perfetti (il calcio allo Iacovone, il basket al PalaMazzola), la teoria delle destinazioni d’uso secondo logica e buon senso, l’inevitabile naturalezza delle cose che quando devono accadere accadono e nemmeno occorre spiegare perché, ha subìto un’anomala deviazione. Una svolta improvvisa, una brusca sterzata. La Prisma non giocherà al PalaMazzola, dove ha conquistato la serie A1 di volley e dove logica e buon senso avrebbero voluto che continuasse a giocare. A strappo consumato, si stenta ancora a capire come sia potuto accadere e, soprattutto, perché. Fax, raccomandate, incontri, conferenze stampa, promesse e proposte: tutto si è ormai compiuto. E non sembrano rimasti margini per un ripensamento. La Prisma giocherà al Palafiom. Sfratto o scelta consapevole, resta il rammarico per ciò che doveva essere e che, invece, non è stato. Per noi che non siamo interessati alla questione meramente burocratico-amministrativa dell’antipatica vicenda, ma allo stile e alla decenza, il punto è questo: la Prisma doveva giocare al PalaMazzola, avendone acquisito un fisiologico diritto. Un diritto sportivo, che non ha potuto esercitare, rimanendo invischiata nell’avvilente discussione dei costi e delle tariffe, delle entrate e delle uscite, delle convenienze e delle opportunità. Una discussione che, ad un certo punto, avrebbe dovuto cedere il passo alla trattativa politica. Al patto fra galantuomini che trovano un’intesa nell’interesse della collettività. Non solo del Comune (proprietario dell’immobile), del Coni (gestore della struttura) e della Prisma (aspirante affittuario). Ma della città: dei cittadini-sportivi, dei cittadini-contribuenti. Sarebbe stato sufficiente un incontro a tre: il commissario Blonda (Comune), il presidente Graniglia (Coni) e il presidente Bongiovanni (Prisma). Siamo sicuri che una soluzione sarebbe venuta fuori. Una soluzione peraltro invano auspicata dal commissario in una nota spedita al Coni con la quale Blonda raccomandava essenzialmente due cose: «Cercare un’intesa a sostegno della Società e aderire alle richieste della Società in ordine alla gestione in proprio degli spazi pubblicitari». Una soluzione forse lontana dalle alchimie contabili dei funzionari che spesso – e in assoluta buona fede – mettono i numeri in testa a tutto e che sull’altare dei numeri sono pronti ad immolare ogni ragionevole accordo. Ma una soluzione probabilmente più vicina a quell’interesse generale che non è stato salvaguardato. Perché la Prisma, alla fine, ha fatto una scelta diversa. Forse perché non è stata messa nelle condizioni di poter scegliere il PalaMazzola. Non vogliamo entrare nel merito delle proposte formulate dal Coni, anche se qualche riserva su un tariffario agganciato alla gestione della pubblicità, di cui solo la Prisma può eventualmente disporre essendo la protagonista dell’evento, ce l’abbiamo. Ciò che ci preme sottolineare è, invece, un altro aspetto. Nel deludente braccio di ferro fra contenitore (il PalaMazzola) e contenuto (la Prisma e il volley di serie A1), l’ha spuntata il contenitore. Ma è una vittoria perdente. Un ossimoro sportivo. Ed è triste che sia successo, ancora una volta, a Taranto.