Due iniziali nel destino, CA. Quelle della Caloni Agnelli e anche di Cargioli Antonio. Il nuovo arrivato morde il freno e si presenta così, ponendo l’accento su un particolare che non è passato inosservato. Classe 1994, 199 cm d’altezza, milanese di nascita che vive a Parma dall’età di due anni, è lui il nuovo centrale dell’Olimpia.
“Sono un testardo e un lavoratore – attacca Cargioli -, sapendo dell’abilità di Graziosi nel lavoro con i giovani non mi sarei visto con nessun altra maglia addosso. Bergamo era la mia prima scelta e non vedo l’ora di cominciare. Il ds Vito Insalata era stato mio compagno di squadra a Carpi, già nella scorsa estate c’era stato un contatto ma ora – con una stagione di A2 a Reggio Emilia, che mi ha permesso d’arricchire il mio bagaglio d’esperienza – mi sento ancor più pronto”.
Antonio è un fiume in piena che rompe gli argini quando si sofferma sui nuovi compagni e sull’ambiente rossoblù: “La diagonale Jovanovic-Hoogendoorn è il top in circolazione – prosegue l’ex reggiano – e con due attaccanti del calibro di Pierotti e Dolfo potremo fare grandi cose. Ho visto una società molto carica e un pubblico spettacolare: da avversario, qualche mese fa, guardavo la cornice attorno a me e sognavo ad occhi aperti di giocare in un contesto simile. Non è un caso se l’Olimpia ha costruito tanto del suo magnifico campionato proprio in casa, con un tifo trascinato in modo pazzesco da Hoogendoorn che ha saputo stabilire con la gente un’alchimia incredibile. Dall’altra parte della rete le sensazioni sono state bellissime, immagino come sarà vestendo questi colori”.
Il centrale, che ama lo sci e la montagna, e si definisce uno spirito libero svela anche il legame tutto da raccontare con papà Luciano, bancario di professione e suo procuratore per passione: “E’ al settimo cielo – ammette – per il mio approdo all’Olimpia. In seconda superiore giocavo a calcio, lui mi ha detto che mi avrebbe regalato una moto da cross se avessi cominciato a praticare la pallavolo. E ora sono a Bergamo…”. Una sferzata d’energia e un sorriso che non lo abbandona mai. Lo stesso “richiesto” da coach Graziosi, il “biglietto da visita” di Hoogendoorn. Basterebbe questo dettaglio per chiamare in causa il fato. E invece c’è molto di più…